Ascolta la voce della mia supplica, quando ti grido aiuto, quando alzo le mie mani verso il tuo santo tempio.
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Il messaggio del 15/12/2021 e':
Il dramma dell'aborto
(Documento)
La piccola aveva diciotto mesi, la nostra nuova casa era quasi pronta e mi stavo illudendo che avrei ripreso il mio lavoro, i miei interessi, la mia vita... Mi accorsi di essere incinta in un momento "sbagliato" della mia vita. Buio completo. Non era possibile! Non potevo essere stata cosi' stupida (si, perché spesso si sente dire che, ai tempi d'oggi, solo gli scemi mettono al mondo bambini). Tra lacrime e rabbia, senza dir nulla a nessuno, con mio marito decidemmo di andare dal ginecologo; speravo in un errore di laboratorio. Ma l'ecografia parlo' chiaro: ero alla settima settimana. Il mio ginecologo, che si dichiara tutt'ora obiettore di coscienza, non ebbe una parola di incoraggiamento, non un riferimento al bambino, neanche un invito a lasciar passare il momento di angoscia e non altro che un freddo " decidete voi! " E poi mi indirizzo' subito da un collega non obiettore. Sulla barella tremavo e piangevo; mi fecero un' ecografia, ma non una parola perché potessi scegliere per la vita della mia creatura. Gia' nella terza settimana batte un cuore. Io allora non lo sapevo e neanche mi fu detto. Oggi sono convinta che anche solo una parola mi avrebbe fatta scappare da quel luogo di morte ma non la ebbi da nessuno. Mi addormentarono in anestesia totale ed uccisero il mio bambino, cui avevo dato l'ultimo saluto addormentandomi con la mano sul ventre (in quei giorni, tra le lacrime, lo facevo spesso). Mi risvegliai tremante, sconvolta e quando mi resi conto di cio' che era accaduto sapevo solo gridare: "No, no, no, il mio bambino, ho ucciso il mio bambino, ridatemi il mio bambino", ma era troppo tardi. Del mio dramma e della mia decisione di abortire: non avevo parlato con nessuno; quella sera pero', con il mio ritorno a casa in quello stato di disperazione e di depressione profonda, tutta la mia famiglia seppe quanto mi era accaduto. Pianti, pianti, rifiuto di alimentarmi, di alzarmi dal letto, di vestirmi... parole di disprezzo a mio marito... Anche lui prese coscienza e si pentiva amaramente di non avermi aiutata, sostenuta, ma ormai l'unica cosa che poteva dirmi e' che era troppo tardi. Non riuscivo a guardare negli occhi le mie due bambine; intravedevo nel loro sguardo quello sguardo che non avrei mai piu' potuto vedere. Le abbracciavo e piangevo; la piu' grande capiva che qualcosa di brutto era accaduto e si limitava a chiedere: "mamma, quando guarirai?"; si, perché mi ammalai. Quando il mio medico mi vide stentava a conoscermi. Mi prescrisse dei sedativi perché non riuscivo a riposare e tanto meno a pensare. Quella che doveva essere la mia "liberta'" era divenuta la mia prigione. E piu' passavano i giorni e piu' mi rendevo conto che stavo morendo, morendo dentro. Mio marito non si dava pace e mi porto' da uno specialista neurologo che mi volle ricoverare nella sua clinica. Rifiutai le cure e tornai a casa. Decisi di andare in chiesa e mi confessai fra lacrime continue. Si accese in me il desiderio di una nuova gravidanza, desiderio di una nuova vita, non che potesse sostituire quel bambino che non si potra' piu' ripetere e che incontrero' un giorno in cielo, se Dio vorra'; no, un sincero desiderio di contraddire tutti quei motivi che mi avevano portato a rifiutare la vita. Ad un anno di distanza, stesso mese, stessi giorni, mi accorsi che una nuova vita era sbocciata in me. Trascorsi una gravidanza bellissima scoprendo attimo per attimo lo sviluppo della mia creatura; anche se avevo avuto altri due figli fu una reale scoperta. Luca nacque nel luglio del 1994 e serenita' e pace tornarono nella nostra casa insieme alla consapevolezza che quel bimbo mai nato era in cielo il nostro Angelo Custode. Noi donne vittime dell'aborto, vittime dell'ignoranza, vittime di una societa' indifferente, dobbiamo gridare piu' delle altre donne: La vita e' la vita! Difendila! Salvando un figlio, si salva anche la mamma. (Barbara)
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